mercoledì 22 giugno 2011

Je vous salue Marie (Jean-Luc Godard, 1985)

“Dell’amore non ho visto che l’ombra, anzi l’ombra di un’ombra. Come quando vidi in un lago il riflesso di un fiore che si agita al ritmo delle onde. L’immagine del fiore sfugge allo sguardo. Come succede a me nel mondo che mi circonda.” (voce over di Maria).


Gabriele annuncia a Maria, figlia di un benzinaio, la nascita di un figlio e Giuseppe, suo fidanzo e tassista, pensa che Maria frequenti un altro uomo, ma Maria è incinta e vergine allo stesso tempo. Il film scatenò molte polemiche e si mosse persino il Papa che il 4 maggio 1985 recitò un rosario di riparazione. A Cannes, dove stava presentando il suo ultimo film, Detective, Godard ricevette una torta in faccia da parte di un certo Noël Godin (Noël in Italiano significa Natale), un situazionista Belga, che volle protestare contro il regista “passato al nemico” (1). Godard affermò che il Papa, in quanto vero autore del soggetto, aveva tutto il diritto di protestare, chiedendo allo stesso tempo che il film, almeno in casa del Papa (Italia) venisse ritirato, ma il distributore italiano si rifiutò. Je vous salue, Marie in realtà non è affatto provocatorio e neppure blasfemo, anzi, se qualcuno volesse vederlo come un gesto d’amore verso il mistero della fede potrebbe benissimo accettare il film come un omaggio alla religione. Ma il film è una poesia d’amore e allo stesso tempo è un film sulla purezza e la verginità dell’immagine. Il percorso intrapreso da Godard sin dal suo À bout de souffle in quanto ricerca della conoscenza e del suo mistero, raggiunge il suo apice con questo film. Il dispositivo cinematografico, che tanto interessa a Godard, lascia il posto alla poesia delle immagini e alla possibilità di accettare, senza preoccupazioni, il mistero dell’immagine, ma soprattutto della sequenza. È un atto estetico di ineguagliabile potenza, un gesto profondo di affermazione delle possibilità del testo e del suo mistero che non deve essere sezionato, ma solo accettato. Giuseppe, che in un primo momento non capisce, si agita, cerca di possedere Maria, è geloso per amore; quindi si rende conto che Maria è un’anima che ha assunto un corpo. Capovolgendo il concetto di corpo con anima, Godard ci mostra un percorso che porta all’evoluzione di un’anima che si fa corpo. Giuseppe accetta il mistero della vita, tra l’amore e l’egocentrismo sceglie l’amore e così facendo riesce a penetrare nel mistero delle cose, guardando per la prima volta il corpo nudo di Maria, sfiorandolo senza possederlo. L’essere supera l’avere, lo domina; l’avere subisce un’involuzione e quando il ciclo si compie, il corpo finalmente prende il sopravvento. Conoscere non significa sezionare, ma sanzionare, non tagliare (nel cinema formare sequenze) ma ratificare (nel cinema cercare il fulcro dell’immagine). Maria ad un certo punto dice al ginecologo: “Sto per avere un bambino dottore. Nessuno mi accarezza. Nessuno mi tocca. Lo vede sono vergine. E questo significa… essere disponibile. O libera. E non procurare dolore”. L’assunzione di un corpo, scoprire l’importanza del proprio corpo, è l’atto stesso del guardare, è il momento cinetico del tocco cinefilo nei confronti dell’immagine disponibile. Ossia, disporre di un’immagine non significa possederla (nel senso di occuparla) ma sfiorarla, toccarla, persino odorarla (ah, se il cinema fosse anche olfattivo!), accettando la sua purezza e il mistero che la attraversa. Spiegare significa aprire, significa penetrare nel corpo, ma anche togliere purezza, ridurre, trasformare in cliché. Nel film identificherei tre momenti fondamentali: a) Tango, b)Computer c) In quel tempo.

Tango. Non la danza argentina ma il “tocco” (la prima persona del tempo presente modo indicativo del verbo toccare in latino, paradigma: tango,tetigi,tactum,tangere). Tango, io tocco. Il tocco dell’audace che sfiora il frutto proibito, che osserva il pube nudo di Maria amandolo come pura visione, nel rispetto della volontà cinefila della benzinaia che sta per diventare madre di Dio. Toccare il cinema senza spiegarsi il mistero ma accettando il mistero, lasciandosi “occupare” dalle emozioni da esso sprigionate. L’anima (Maria mette benzina, fa canestro e ama Giuseppe) comincia ad avere consapevolezza del corpo solo quando Gabriele le ordina di rimanere vergine. E nel film queste immagini non sono classiche, ossia durevoli, legate al concetto mentale fondato un secolo prima di un cinema (per dirla alla Greenaway) che deve ancora nascere. Invece sono immagini disturbate, spezzate, immagini che non si lasciano comprendere, che s’interrompono d’improvviso, così come si interrompono le musiche di Dvořák, lasciando la diegesi fuori dalla porta. In altre parole le nostre aspettative di sviluppo della trama vengono continuamente deluse, relegate in un limbo perso, depurate dalla significanza. Qui è il senso che stiamo cercando, non la sensualità. E in effetti Godard ci mostra il corpo di Maria privo di ogni erotismo, ci mostra Maria nuda sul letto che si agita a gambe aperte con un’inquadratura che dura qualche minuto, ma nonostante ciò, non c’è erotismo (e a maggior ragione pornografia), ma solo la carne che sta prendendo il sopravvento. Mai un’inquadratura di un pube tanto lunga, aveva destato in me attimi privi di pensieri erotici, ma pieni del desiderio di leggere poesie d’amore. Insomma balliamo un tango con l’immagine, tocchiamola, percepiamola; non usiamo il bisturi ma i polpastrelli.

Computer. C’è una storia parallela nel film. Oltre alla storia di Maria e Giuseppe, c’è la storia tra un professore-scienziato che cerca di dimostrare l’esistenza di “un’intelligenza anteriore” in modo scientifico ascoltato da Eva, una studentessa che gioca con il cubo di Rubick. Questa storia è il contrappasso della prima. Il professore ama la natura, vorrebbe conoscere scientificamente (quindi utilizzando il computer) l’origine della vita, convincendosi che all’origine di tutto non può esservi il caso, ma una mente superiore. Eppure il suo “metodo” non è quello giusto (Godard direbbe che non sta cercando l’immagine giusta ma non giusto un’immagine). Ha una relazione con una studentessa, Eva, che il professore abbandona per tornare alla sua famiglia in Cecoslovacchia. C’è una scena in cui vediamo Eva nuda che si accende una sigaretta dopo avere fatto all’amore col professore. In questa immagine il corpo nudo di Eva, seppure visto come figura intera (e non come il pube di Maria visto nel dettaglio) sprigiona un intenso erotismo. Il corpo di Eva è un corpo con anima che classicamente suscita desideri diegetici (l’attrice tra l’altro è di una bellezza folgorante), e in effetti i pochi secondi della visione suscitano desiderio di possesso, curiosità di ri-vedere l’atto non visto dei due corpi che si sono amati. Ma il professore, che professa di voler conoscere, non riesce neppure a rispettare il dono avuto, perché il suo metodo (sezionare) può solo procurare tagli; non accettando il corpo, rimarrà sospeso nel limbo dei se e dei come, spiegandosi all’infinito ciò che crede di aver capito. Il suo mondo è una continua tentazione, e quindi è un continuo attraversare il sintagma perdendo la portata profonda dell’onda lunga che dall’interno forma le immagini. Vivendo nella storia univoca non potrà apprezzare la trinità dell’immagine (anima, corpo, luce).

In quel tempo. Nel film c’è una didascalia (tanto amate da Godard) che spesso interrompe il flusso dell’immagine dov’è scritto en ce temps là (in quel tempo). Quando? Come? La storia è ambientata in una Ginevra degli anni ottanta, Maria è una benzinaia, Giuseppe un tassista, Gabriele arriva in aereo con una bambina, ma il film inizia con la frase: en ce temps là. La storia in effetti è la Storia. Il mistero della creazione, Dio, la Sua venuta sulla terra in quel tempo. La Storia è sempre quella, e la natura, le stelle, le nuvole, il sole stanno innanzi a noi per ricordarcelo. Le immagini di Maria, di Giuseppe, della stazione di benzina, della palestra, sono interrotte spesso da immagini della natura: la Luna che si staglia in un cielo nero, il sole giallo del giorno o rosso del tramonto e le nuvole, sole e nuvole, l’acqua del Lago di Ginevra che s’increspa. Sono immagini che ritornano durante il film, e che durano, che insistono, che non spezzano solo le “altre” immagini (quelle moderne, quelle flebili degli uomini) ma le deformano, schiacciandole verso un senso assoluto. Sono immagini di una natura incontaminata che contrastano con l’aereo, il taxi, il pallone del basket? Non sono immagini e basta, sono esse stesse forme d’arte, pittura. Isolate nell’immagine, slegate dalle storie (in effetti non legano con le altre immagini per formare il sintagma ma penetrano nelle altre immagini per formare la polisemia) queste immagini della natura non vogliono rievocare il mondo incontaminato né riportarci a duemila anni or sono per riscoprire la storia dell’origine del Cristianesimo, ma sono una serie che si sviluppa di per sé per approdare agli stessi risultati cui giunge Giuseppe. En ce temps là è ieri, è un milione di anni fa, è oggi: la natura è incontaminata e quindi ieri? No, un treno improvvisamente attraversa un paesaggio “incontaminato” e l’immagine attende che esca fuori da se stessa per ritornare a essere “incontaminata”. È osservando il particolare del treno che ho forse imparato ad accettare il mistero. Qui il sapere è cambiato tre volte: da natura a tecnologia e nuovamente natura; ma la mia mente dopo il treno non ha più guardato la stessa immagine come nel primo momento. Allora non ho imparato nulla? Può darsi. Io non so niente. Devo solo guardare.

Dopo aver partorito il figlio e dopo che il figlio, dopo alcuni anni, lascerà Maria e Giuseppe, Maria non si preoccupa. “Tornerà a Pasqua”. Maria riacquisterà il suo corpo di donna e l’erotismo e si truccherà le labbra di rosso. Il primissimo piano della rossa bocca aperta di Maria sembra l’altra faccia del sole, un astro in cielo o un disco volante.

“Credo che lo spirito agisca sul corpo. Lo trasfigura. Lo copre di un velo che lo fa apparire più bello di quanto non lo sia in realtà. Che cos’è dunque la carne stessa?” (voce over di Maria).
- E' vero che l'anima ha un corpo?
- Ma cosa stai dicendo? E' il corpo che ha l'anima!
- E' molto triste: credevo il contrario.

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